L’INFANTICIDIO “PERBENE” E QUELLO “PER MALE”

a cura di Maurizio Corte - Verona, 6 maggio 2006
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E’ dimostrato che i mass media tendono a confermare i valori dominanti e ad assecondare i “poteri forti” della società (McQuail, Sociologia dei media, 2001). Questo avviene anche là dove il dramma entra nella vita di una giovane donna, in una delle situazioni di maggiore debolezza - una gravidanza tenuta nascosta - che possono portare una persona a gesti disperati. Purtroppo, la stessa donna, la stessa situazione, la stessa tragedia di un infanticidio sono presentati
dai media in modo differente, a seconda della posizione sociale e culturale e della nazionalità della protagonista della “notizia”.
Ce lo dimostra quanto accaduto giovedì 20 aprile 2006. Alle 12.55 l’agenzia di stampa Apcom invia questa notizia ai giornali: “Napoli. Una donna di 20-25 anni avrebbe gettato nel water due feti di sei, sette mesi. Il fatto sarebbe accaduto in via Andrea D’Isernia, nella zona bene di Napoli. La donna adesso ricoverata presso l’ospedale Fatebenefratelli del capoluogo partenopeo è in sala operatoria. Secondo le prime ricostruzioni la ragazza avrebbe gettato nei water dei due bagni del suo appartamento i due feti. Sono in corso le indagini delle Forze dell’ordine e si aspetta che la donna riprenda conoscenza per poter ricostruire la dinamica del tragico evento”.
Alle 19.09, sei ore dopo, la stessa agenzia invia un secondo dispaccio di Apcom: “Con l’accusa di infanticidio è stata fermata la donna che, questa mattina, a Napoli, ha dato alla luce due gemellini. I due feti, al sesto-settimo mese, sono stati gettati nei water dell’abitazione dei genitori della ragazza. La donna si trova ancora ricoverata in ospedale, mentre i suoi genitori sono stati lungamente interrogati dal magistrato che sta seguendo le indagini”. Alle 19.23, il terzo dispaccio di Apcom: “I due gemellini erano un maschio e una femmina, ma sarà l’autopsia a chiarire le cause del decesso. Ancora non si sa, infatti, se i due feti fossero vivi al momento del parto. Secondo alcune indiscrezioni, fra le ipotesi al vaglio degli inquirenti, ci sarebbe anche quella che uno dei due piccoli fosse ancora vivo nel momento in cui è stato gettato nel water. Sarà la presenza o meno di ossigeno nei piccoli polmoni a stabilire la verità”.
L’agenzia di stampa Ansa - la maggiore agenzia italiana d’informazioni - non dà la notizia per tutto il giorno. Solo alle 21.25, l’Ansa, senza averlo prima annunciato, invia questo dispaccio-servizio giornalistico: “Napoli. Incinta al sesto mese, ha partorito nel bagno di casa, a Napoli, ma entrambi i feti dei gemellini, un maschio e una femmina, sono morti. I familiari hanno spiegato che lei non li aveva mai messi al corrente della gravidanza, e che i piccoli potrebbero essere deceduti per morte naturale. Ma alla fine di una lunga giornata di indagini e di interrogatori la 25enne M. G. C. è stata arrestata con l’accusa di infanticidio. A sostenere l’accusa il pm Enrico Musto, che ha ricostruito, insieme con gli investigatori della polizia, la vicenda sulla quale per diverse ore è stato mantenuto uno stretto riserbo. Ora la ragazza, che è in condizioni definite discrete, è piantonata dagli agenti nel reparto ginecologia dell’ospedale Fatebenefratelli. È accaduto stamattina in un appartamento al civico 20 di via A. d’I., una delle strade della cosiddetta ‘Napoli bene’, dove M. G. abita con i genitori. È stata la domestica, dopo aver visto che la giovane stava male e aver notato macchie di sangue in uno dei bagni dell’abitazione, ad avvertire i sanitari del 118. Il personale giunto a bordo di un’ambulanza quando si è reso conto della gravità del fatto ha immediatamente avvertito la polizia. Gli agenti hanno verificato che i feti, morti, erano nascosti in due water dei due diversi bagni dell’abitazione. La ragazza avrebbe tentato di nascondere la gravidanza ai genitori nel corso dei mesi, il che sarebbe stato possibile anche per la sua conformazione fisica, piuttosto robusta. I due feti sono nati già morti? Si è trattato di un aborto spontaneo? O almeno uno dei gemellini è stato soppresso volontariamente? Intorno a questi interrogativi è ruotata l’indagine degli investigatori del commissariato San Ferdinando coordinati dal pm Enrico Musto. Il padre della ragazza, noto professionista, è stato ascoltato per molte ore dal magistrato, che ha tentato anche di ricostruire le dinamiche familiari. Anche la ragazza, trasportata in autoambulanza nell’ospedale Fatebenefratelli, è stata a lungo sentita dal pm. Il pm ha disposto l’autopsia, che sarà eseguita molto probabilmente domani al Policlinico, ed ha conferito l’incarico ai consulenti. Tra le ipotesi al vaglio dagli inquirenti vi sarebbe anche quella che uno solo dei due feti fosse vivo al momento del parto: circostanza quest’ultima che potrà comunque essere accertata solo nel corso dell’esame del medico legale. I familiari hanno nominato come propri legali gli avvocati G. F. e R. R. E in serata, una volta acquisiti quelli che a giudizio degli inquirenti sono concreti indizi di colpevolezza, è scattato l’arresto. Per gli investigatori e il pm, la ragazza, descritta come una persona con problemi psicologici, è responsabile di infanticidio e occultamento di cadavere. I genitori non hanno voluto parlare con i giornalisti e hanno fatto sapere che, qualora decidessero di fornire la propria versione dei fatti, lo faranno soltanto alla presenza dei legali”. (I nomi erano scritti per esteso ed è stato di scrive a riportarne solo le iniziali per rispetto verso la protagonista di questa dolorosa vicenda).
Il lungo silenzio dell’agenzia Ansa ha costretto i giornali che non avevano un corrispondente a Napoli - la maggior parte, quindi, delle testate quotidiane italiane - a prevedere la notizia in pagina senza comprenderne l’esatta valenza drammatica. Questo ha prodotto un riflesso sulla “notiziabilità” dell’evento, sulla sua appetibilità agli occhi dei media. Come rileva Wolf (Teorie delle comunicazioni di massa, 2001), infatti, uno dei valori che accrescono la notiziabilità di un fatto, la sua attitudine a diventare notizia), è l’essere corredato da più particolari possibile.
Il “silenzio” sulla vicenda - e il minor clamore che il dramma di Napoli ha avuto nei giorni successivi - hanno una loro spiegazione: la “famiglia bene” è riuscita a rallentare la notizia e ad evitare che molti particolari venissero alla luce. E’ stata una scelta giusta, perché rispettosa del dolore di una giovane donna; perché il diritto sacrosanto di cronaca non significa “accanimento mediale” verso una persona e il suo dramma.
Ha stonato, ad esempio, il servizio televisivo trasmesso quello stesso giorno dal Tg1 delle ore 20, nel corso del quale le immagini della telecamera hanno indugiato sull’esterno signorile della casa giovane donna, consentendo così di identificare dove abita. Il servizio televisivo non ha violato il codice deontologico dei giornalisti, trattandosi di una donna maggiorenne, ma ha di certo mostrato una carenza di sensibilità umana e di gentilezza d’animo, virtù che non impediscono l’esercizio del diritto di cronaca.
Degli sviluppi della vicenda, nei giorni successivi, dalle agenzie di stampa si è saputo poco. Vi è stato solo un dispaccio di agenzia: la notizia in breve, il 21 aprile, del fermo della donna, con l’accusa di infanticidio. L’autopsia doveva chiarire se i due feti erano vivi nel momento in cui sono stati gettati nel water; ma nulla si è saputo che cosa l’autopsia abbia accertato l’autopsia non s’è più saputo nulla. Il caso, pur grave, non è quindi entrato nel circo mediatico, se si esclude la stampa locale napoletana.
Proviamo a cambiare scenario e protagonisti. Cosa sarebbe accaduto se l’infanticidio fosse avvenuto in un appartamento di periferia, in un quartiere degradato o in un cassonetto? Quale risalto avrebbe avuto la notizia sulle agenzie di stampa e sui giornali se la donna (sospetta omicida e vittima di un così grande dolore) fosse stata una cittadina straniera immigrata o una donna appartenente ad una fascia sociale “debole”? I mass media avrebbero probabilmente avuto più elementi e più notizie per montare il caso e produrre quegli effetti di "spazializzazione" e di "sensazionalismo" (di cui parla Sorrentino, I percorsi della notizia, 1995) tipici di certo giornalismo.
Ecco che il caso di Napoli invita a due riflessioni: una sulla discriminazione informativa di cui possono essere vittime le persone più “deboli” a livello sociale ed economico; e l’altra sui modi differenti in cui può essere data una certa notizia. Un giornalismo che sia sensibile al rispetto della persona non ha bisogno di censure, né di nascondimenti o di ritardi nella diffusione delle notizie. Ha bisogno di conoscenza e di consapevolezza del linguaggio che usa, dei temi che affronta e delle conseguenze che tutto questo ha sugli altri, sui protagonisti dei fatti e sui lettori delle notizie che dai fatti vengono fatte scaturire.

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