L’IMPRENDITORE

«Duri contro i clandestini ma chi lavora va tutelato»

VICENZA - Lui in piazza a Vicenza non è andato. E anche i suoi operai, per la metà ormai immigrati, sono rimasti in fabbrica a lavorare il ferro. Ma Domenico Casatto, 65 anni, imprenditore dell’Artifer di Zanè, di una cosa è convinto: «Senza la manodopera d’importazione non si può andare avanti: i flussi migratori vanno potenziati. E mentre contro i clandestini va usato il pugno di ferro, nei confronti degli immigrati che in Italia lavorano bisogna usare una maggiore flessibilità». Che tradotto vuol dire: «Per tutti emersione dal lavoro nero, meno burocrazia e più attenzione ai ricongiungimenti familiari». Manodopera d’importazione, una scelta obbligata?
«Assolutamente sì. Una scelta che noi abbiamo fatto agli inizi degli anni Novanta quando abbiamo deciso di espandere la nostra attività, ma trovare italiani disposti a lavorare in forgia è diventata un’impresa pressoché disperata».
E oggi?
«Oggi più che mai gli immigrati sono una risorsa fondamentale per sostenere lo sviluppo della nostra economia: per questo bisogna potenziare i flussi migratori. Dando una risposta più precisa alle esigenze del mondo delle imprese».
Molti sono però gli immigrati che già oggi lavorano in Italia nella clandestinità.
«E un primo passo sarebbe sicuramente quello di aiutare a uscire dal sommerso tutti gli immigrati che già lavorano in Italia. Tutti gli immigrati e non soltanto colf e badanti, sia inteso».
Fin qui il lavoro in fabbrica e fuori?
«Su 50 dipendenti che lavorano nella mia impresa, la metà sono di nazionalità straniera. Posso dire di essere soddisfatto della loro integrazione. Ma non è stato facile».
Gli ostacoli più difficili da superare?
«Per me, come per molti altri imprenditori, l’ostacolo principale è stato quello di trovare loro una casa. C’è poi il problema dei ricongiungimenti familiari».
Problemi legati alla seconda fase dell’immigrazione?
«Certo. E ribadisco: bisogna essere inflessibili con i clandestini, ma con coloro che hanno un lavoro regolare e stabile bisogna essere flessibili per metterli nelle condizioni di vivere una vita dignitosa con i propri cari».
Ivano Tolettini