il manifesto - 21 Marzo 2003
Nel tempo perduto della comunità
Politica dell'identità, meticciato e crisi della democrazia. L'ultimo numero della rivista «Oltrecorrente»
AUGUSTO ILLUMINATI
L'ultimo numero della rivista milanese «Oltrecorrente» riporta gli atti del convegno dedicato a Comunità riconoscimento politica tenutosi a Pavia nel gennaio 2002 con il coordinamento di Silvana Boruttti, Fulvio Papi e Luisa Bonesio. L'attenzione alle tematiche locali-comunitarie è motivata dal duplice carattere del termine, emerso in connessione con i fenomeni di globalizzazione e allo stesso tempo nella forma regressiva del sintomo, del rimando a una ri-territorializzazione localistica quando non settaria, che risarcisce con il simbolismo identitario la segregazione solitaria del cittadino. Gli interventi ruotano invece sulla difesa della e non dall'esistenza in comune, con l'obbiettivo di coniugare il «cum» della sua radice con il «tra» del riconoscimento, dell'apertura allo sguardo dell'altro che è costitutivo dell'identità di ciascuno salvaguardando relazione e distinzione reciproche. L'identità si costituisce nell'eterologia e nella mancanza, nel meticciato non nella purezza etnica o ideologica. Riferimento comune a tutti gli interventi è esplicitamente la lettura che dalla comunità ha dato Jean-Luc Nancy, la cui insistenza sull'in-comune e la co-esistenza quale cifra di una comunità irrealizzabile nell'immanenza, è esposta attraverso la mirabile citazione dai Titani di Friedrich Hölderlin: «È bene reggersi / ad altri. Nessuno sopporta solo la vita». Vogliamo soffermarci su tre interventi, che ricavano un ambito omogeneo nel ricco dibattito, difficile da seguire, come sempre quando si riferisce un convegno e dei suoi atti, inesorabilmente votati a una selezione arbitraria. Il primo è quello di Roberto Esposito, che riprende la sua nota tematica di communitas e immunitas, laddove nella prima domina il reciproco volgersi l'uno all'altro in un obbligo donativo, nel munus come «ufficio» e «dono», nella seconda prevale lo sgravio dal munus, la negazione del cum compartecipativo, l'illusione di sottrarsi al contagio del comune mediante barriere profilattiche. Pratica che conduce all'impasse ideologico del comunitarismo americano (e della riproposizione nostrana come ideologia della nuova destra) e a una chiusura politica nell'«Uno-Tutto» (la patria padana ne è un'avvilente parodia) in cui l'esonero dal rischio si fa il rischio più terribile.

Vittorio Morfino, sulla scorta di recenti considerazioni di Étienne Balibar, discute la presenza in Marx di un'ontologia della relazione consistente nelle transizioni e nei passaggi nei quali si fa e si disfa il legame degli individui con la comunità. Il termine è accettato al prezzo di un rovesciamento del concetto tradizionale di ontologia, in cui la relazione è subordinata alla sostanza di inerenza, mentre nel nostro caso domina in modo costitutivo la relazione. Il modello è desunto da Spinoza, in cui la potenza è relazione regolata di un esteriore e di di un interiore che si costituiscono nella relazione stessa. L'individuo allora non è né sostanza né soggetto, non è il luogo di confronto fra l'interiorità assoluta del cogito o dello spirito e l'esteriorità assoluta del mondo, corpo compreso, ma si costituisce attraverso le passioni e i rapporti con gli altri, prefigurando l'individuo sociale - il celebre ossimoro marxiano, di cui l'individuazione attraverso il transindividuale di Gilbert Simondon (chiave dell'ontologia relazionale di Balibar) è il legittimo erede. Della sedicente ontologia possiamo conservare il nome, non certo la connotazione quale filosofia «prima», essendo piuttosto una filosofia «seconda», da pensare nell'abisso dell'aleatorio, dell'incontro e della contingenza -che di ogni metafisica è precisamente l'interdizione metodologica.

Fulvio Papi, concependo la politica quale invenzione, saper fare per realizzare uno scopo secondo una plutalità di relazioni e di saperi contingenti nell'ambito di una teoria, si pone il problema del «vettore» che la realizzi e suggerisce che l'ideologia adeguata, che agisca gramscianamente come forza materiale, è la promozione di un immaginario come luogo di nascita di identità capaci di riconoscersi reciprocamente in un consenso collettivo. Immaginazione e persuasione per il collettivo, riservando piuttosto alla coscienza personale il dominio dell'analisi razionale. Solo così può realizzarsi l'importante intuizione di Ulrick Beck sulla «politicizzazione del mercato mondiale», cooperazione transnazionale sull'asse globalizzazione-localizzazione.

I tre interventi citati chiudono il cerchio fra analisi politica e ontologica con un suggerimento adeguato al carattere comunicativo della prassi politica, non più distinguibile dal'agire strumentale e che incorpora, proprio per il suo aspetto relazionale, una quota inevitabile di immaginazione. Contro la chiusura sanitaria e il comunitarismo da lazzaretto si elogia giustamente lo scambio, l'opposto di una malattia autoimmune, del rigetto dei trapianti. Esposito evoca la gravidanza, quale sfida riuscita e creativa alla logica immunologica che respingerebbe il seme estraneo; io aggiungerei o preferirei l'immagine del virus informatico, così adeguato alla natura linguistica della relazione - language is a virus, per dirla con una vecchia canzone di Laurie Anderson.